Ragusano: il mitico caciocavallo degli Iblei

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Ragusano: il mitico caciocavallo degli Iblei

Messaggiodi Estaff » 10/02/2007, 14:52

Il Ragusano ha origine all'interno delle masserie nel piccolo laboratorio per la trasformazione dei prodotti accanto alla casa, alla stalla, al fienile. La stessa funzione d'uso di una malga, della nordica cascina o della centrale casa colonica. Tutt'intorno un "paesaggio metafisico" impreziosito dalla presenza dei carrubi le uniche piante che si trovano a loro agio in questi terreni calcarei, ricchi di pietre e poveri di umidità , essendo questo uno dei posti più siccitosi d'Europa. E a perdita d'occhio i muri a secco, costruiti con i sassi strappati alla terra, dai mastri dei muretti, indiscussi artefici di questo paesaggio unico al mondo. Un lavoro duro, anzi durissimo, appreso rubando il mestiere con gli occhi. Riservato un tempo ai contadini, per l'eccessivo impegno richiesto, questi lavori furono nel tempo delegati ai soli artigiani, veri e propri artisti che oltre ai muretti costruiscono ripari e cumuli tutti rigorosamente a secco, cioè senza l'ausilio di nessun collante. E il risultato del loro lavoro percorre gli spazi aperti della campagna segnando le "chiuse" (recinti per gli animali), i confini poderali, le strade carrate, le chiese, in un susseguirsi senza posa di sassi bianchi sottratti, con secolare fatica, al grembo della terra e sovrapposti ad arte uno sull'altro: da presenza indesiderabile ad elemento caratterizzante questo lembo di paesaggio mediterraneo di indiscutibile fascino: un pezzo di "à?Sicilia bizzarro, senza mafia nà© mare, senza arance nà© pupari. à© la Sicilia della pietra, l'ultima a resistere agli attacchi del tempo" (Flavia Amabile - Ultimi, viaggio nell'Italia che scompare - Gamberetti Editrice, Roma 1999). Se da queste parti gli uomini sono stati capaci di animare l'inerte facendolo diventare simbolo di un'agricoltura difficile s", ma in grado di soddisfare tanto i bisogni materiali, quanto quelli spirituali, non sorprenda più di tanto la presenza di questo capolavoro caseario che porta il nome di "Ragusano": quasi uno di loro, che si è trasformato, mimetizzato e ingegnato per continuare a vivere o sopravvivere o trionfare, a seconda delle alterne vicende storiche. Proprio come i siciliani. E se in quest'isola nessun altro termine è più generico di pecorino, dietro al quale si mimetizzano i tanti modi di lavorare il latte ovino, il Ragusano è l'esatto contrario: specifico, di facile identificazione, che in nessun modo può essere confuso nà© con i caciocavalli, nà© con le provole nà© con tutte le altre tipologie casearie ottenibili dalla pasta filata. Questo splendido parallelepipedo, racchiude al suo interno l'essenza della flora dall'altopiano Ibleo, composta da più di 100 varietà  di piante, dove prevale, per tutto l'arco dell'anno, il prezioso trifoglio nelle tre varietà : violetto, bianco e marzolino, che garantiscono qualità  e gusto costanti al prodotto finito. Il latte di una razza rustica locale, la Modicana, il ritmo e l'energia interiore dei gesti secolari di chi lo lavora, la presenza di una flora batterica che si rinnova e si specializza negli arcaici oggetti quali la tina, la rotula, la caurara, lo staccio, la manovella, la mastredda, il muolito, partecipano, a pari dignità , all'alchimia della materia che dà  gusto e aroma al Ragusano. E questa sommatoria di fattori, materiali e immateriali, è oggi più che mai al servizio di un'economia e di una tecnologia che mentre creano ricchezza, nella continuità  della tradizione, danno un senso alla fatica fisica e intellettuale di quanti sono impegnati a salvaguardare, tutelare e valorizzare questo straordinario patrimonio ambientale, zootecnico e di conoscenze.

Agricoltura e
sviluppo rurale:
un connubio tangibile
Per alcuni studiosi siciliani, l'isolamento e la scarsità  dei pascoli ha costretto l'industria casearia ad una mobilità  transumante che avrebbe favorito quella confusione e sovrapposizione, nell'uso dei termini, come caciocavallo, provola e scamorza spesso sinonimi, dove però il solo elemento comune è l'uso del latte vaccino. Il Ragusano, oltre al nome, è vistosamente diverso, dagli altri caciocavalli, nella forma e fruisce di una materia prima d'eccezione: il cremoso latte della Modicana che ha origine proprio nell'altopiano Ibleo, dove "à?sembra che tra i sassi non vi sia che poche fila di erbe, che al dire dei nostri agricoltori, lecca il bestiame, pur non di meno esso si vede ingrassare, dare prole, ed abbondanza di latte. La carne delle nostre vitelle non inferiore a quella di Sorrento, la squisitezza della ricotta e dei caci, han fama tra i dintornià? nessun prato artificiale, nessun preparativo o industria per le pasture: solo si ha quanto offre provvida natura". (da "I formaggi tipici di Sicilia" a cura dell'Associazione regionale consorzi provinciali allevatori della Sicilia - Palermo 1990). Come sembrano lontani quei tempi dall'incubo moderno della mucca pazza! E ancora: "à?la razza dei bovini della contea di Modica è senza dubbio la migliore di quante ne esistono in Sicilia. Le vacche di questo vasto territorio danno un latte assai grasso ed abbondante e superano per questo articolo anche le famose vacche di Luganoà?". Già  dal 1400 i formaggi di Ragusa, proprio perchà© oggetto di intensi scambi commerciali, erano sottoposti a dazi; partivano dal porto di Catania, stipati nelle stive delle navi, e arrivavano fino ad Istria, per proseguire verso le altre regioni del nord Italia.

La sua diffusione
ha seguito
l'emigrazione
Il Ragusano si fregia anche di un soprannome, "Scaluni", scalino che è poi la sua forma: "à?un gradino non di dura pietra, ma di compatta, morbida e gustosissima pasta, dal colore leggermente giallognolo, con una sottile crosta dal tenue colore biondo paglierino" (AA.VV. l'Italia dei formaggi Doc - Unalat Insor - Franco Angeli Editore - Milano 1992) e dal rispettabile peso di 13-14 chili. All'origine però la pezzatura non era gigante e si attestava, ancora nei primi decenni del secolo appena trascorso, sui sette-otto chili. Si usava il latte di una sola mungitura e le si dava forma di parallelepipedo. Nel dopoguerra però le maggiori dimensioni del peso si imposero per due ordini di problemi: il primo era legato al flusso migratorio dei siciliani verso gli Usa che richiedevano quantità  sempre maggiori di Ragusano che, in virtù della sua mole, affrontava meglio la lunga traversata; il secondo è legato ai cambiamenti avvenuti nel contratto di affitto della terra dove il proprietario si tutelava dalle conseguenze dell'inflazione sostituendo il denaro nell'equivalente in natura. Se lo scambio era accettabile per i due contraenti la qualità  venne sacrificata, perchà© il piccolo produttore di allora si preoccupò solo di consegnare le quantità  di Ragusano stabilite nel contratto, con scarsa attenzione alla sua qualità . Poi le cose cambiarono. Entrarono in scena altri soggetti economici come le cooperative e l'Associazione degli allevatori più dinamici e con la volontà  di far conoscere tutta la loro filiera produttiva, in primis la razza Modicana, di origine africana, rustica, la sola adatta a vivere nell'altipiano Ibleo, in un clima estremo e il cui latte, per le sue caratteristiche qualitative, può essere paragonato solo a quello della vacca Podolica. Come tutte le razze rustiche concede di essere munta solo se ha vicino il suo vitello, perchà© altrimenti non molla un goccio di latte.
Gli allevatori dicono che la mucca ha "bisogno" dell'affetto del suo vitellino. E a noi consumatori piace immaginare che la qualità  del Ragusano possa avere un valore aggiunto in più: non misurabile quantitativamente in termini di proteine o grassi, ma di energia della materia, soprattutto quella generata dall'amore, il motore dell'universo. Il miglioramento dei pascoli, dei laboratori di trasformazione, dell'igiene degli addetti ai lavori, delle strutture di commercializzazione hanno fatto il resto e oggi il Ragusano rappresenta più che degnamente la vocazione agroalimentare di tutta la provincia di Ragusa, dove si produce il 20% della Plv (Produzione lorda vendibile) dell'agricoltura siciliana e, stando agli indicatori socioeconomici forniti dalla Unioncamere, Ragusa risulta essere la provincia italiana "a maggior dipendenza dalle attività  agricole", con il reddito pro capite più elevato dell'isola. E proprio dalla zootecnia viene l'apporto più consistente e pare che nemmeno la frammentazione fondiaria costituisca un freno al suo sviluppo. Infatti circa il 70% delle aziende non supera i 5 ettari e appena l'1% di queste ha una superficie superiore ai 50 ettari. Questa situazione ha consentito di rigenerare la fertilità  del terreno e di conservare una razza bovina le cui qualità  sono unanimamente riconosciute da tutti.

Una prospettiva
in chiaro scuro
Quanto esposto sopra potrebbe indurci a pensare che la sopravvivenza del Ragusano non è in discussione. E invece anche per questo manufatto dell'artigianato alimentare siciliano sono in agguato numerosi nemici: l'introduzione del latte della molto produttiva razza Frisona, selezionata unicamente per la produzione di latte alimentare non idoneo alla caseificazione. Il risultato? Un formaggio più salato, meno aromatico, troppo secco, in altri termini dalle qualità  organolettiche non più riconoscibili dal consumatore che un po' alla volta lo abbandona. "Quando si apriva", racconta un produttore, "aveva la goccia - altrimenti detta lacrima - la pasta era di un colore forte simile al rosso d'uovo e un profumo eccezionale". L'erba di quei pascoli sassosi, ma ricchi di sostanze, viene sostituita con gli insilati, mentre la passione che ha accompagnato per secoli il lavoro dell'uomo, è stata sostituita con tubi e macchine e lavorare, plasmare le forme di formaggio con oggetti privi di anima, invece delle mani, non è la stessa cosa per la qualità  del prodotto, ma pare che a capire questo elementare principio fisico siano rimasti davvero in pochi. Tra questi alcuni allevatori di Modicana, la cui giornata di lavoro è ancora scandita dallo stesso ritmo di un tempo, e dal rispetto che portano ai loro animali i quali amano stare in libertà  e muoversi negli spazi aperti di questa "Sicilia di pietra", alla ricerca di essenze tanto rare quanto nutrienti. Rientrano solo per farsi mungere. E più camminano e più il latte è buono e più il latte è buono e più il produttore lo lavora con passione, perchà© già  dalla mungitura, dal profumo, dal colore e dalla pastosità  del latte, intuisce pregi ed eventuali difetti che, per essere corretti, attenuati o eliminati, chiamano in ballo il suo personale talento, che sarà  determinante per la qualità  finale. Ed è questa la sfida di cui l'uomo ha bisogno per sopportare nel tempo e dare un senso a questa sua quotidiana fatica.

Il Ragusano oggi
Rispetto al passato i produttori di Ragusano hanno più soddisfazioni economiche perchà© vendono direttamente in azienda invece di spedire quasi tutto in America, cos" la circolazione dei soldi è più fluida. Ma il consumo da internazionale si è fatto locale e questo è un limite. Una capillare assistenza tecnica ad opera del Consorzio Ricerca Filiera Lattiero Casearia di Ragusa, sorto nel 1996, mira a tutelare e migliorare i prodotti storici di quest'area. La messa in commercio di cagli purificati fa evitare perdite di prodotto, mentre la stagionatura in ambienti a temperature controllate, dove la stabilità  termica è costante, hanno facilitato il lavoro e di conseguenza stabilizzato anche il reddito dei produttori.
Ma se ciò consente di produrre ancora del Ragusano eccellente, con l'uscita di scena degli ultimi grandi allevatori, il rischio di estinzione per la vacca Modicana aumenta, mentre sui pascoli, sull'arte del muro a secco, sulle ultime masserie e sui casari che ancora sanno modellare un Ragusano di quasi 15 chili, con il solo ausilio delle mani, rischia di calare il sipario. Per sempre.

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